Siamo ore sparse, attimi in subbuglio
col petto nudo e un rosario in bocca
anagrammiamo ombre sui computer
e ci inventiamo somme senza addendi.
Sui palchi conficcati nella sabbia
legati al cappio della avemarie
gridiamo solo acerbe geometrie
parafrasando stanche filastrocche.
E siamo damerini scalzi siamo
occhi rapaci infissi dentro il buio
bruciamo torce tra i mattoni sparsi
dell’ultima rovina dei pensieri.
Nel cielo lacerato siamo tutto,
un bricco dorato e un’anfora di gesso
un’astronave e carta di barchette
un quadro cartesiano e un amuleto.
Siamo cervelli con le porte arse
siamo finestre cigolanti siamo
storie già raccontate e messe a nuovo.
Magri di sangue ci leviamo sazi
di improbabili venti e di illusioni.
E siamo forse solo un asterisco
posto fra due parentesi e un richiamo
che ci rimanda a nota “troppo tardi”.
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